Di Paola Aspri
Un gruppo, una certezza per chi vuole divertirsi e trovare qualcosa di insolito, innovativo e deflagrante come la loro denominazione, di origine incontrollata…
Gli “Oblivion” denunciano dal loro apparire in scena la distanza dalle consuetudini teatrali.
Con il loro spettacolo “Oblivion.zip”, mettono tutto ciò che può essere utile per improvvisare.
Ma quello che loro fanno non è una improvvisazione a casaccio, è un canovaccio costruito alla perfezione, con aderenze al presente, anche se la loro origine riporta al Quartetto Cetra e ai Monty Python. Cinque attori che diventano mimi, cantanti e brillanti circensi, giocando con le parole come con i fatti. Il loro spettacolo è una interazione continua con il pubblico, soprattutto all’inizio quando si chiede agli spettatori di collaborare, mettendo il nome scritto del proprio cantante preferito dentro un’ampolla, dove i funamboli della scena pescheranno a caso e rovineranno il big preferito. Diventeranno così un jukebox vivente che si blocca di continuo facendo il refrain di un brano all’infinito. Non solo questo però per intrattenere il pubblico, anche molto altro, tra riferimenti all’attualità, giocose trovate pescate dall’album della memoria. Il loro cult di dieci minuti dei “Promessi Sposi”, un autentico spasso per chi non conosce il loro genere, raccontato attraverso i capitoli più conosciuti, cambiando contenuti per riferirsi alla scrittura del Manzoni. Lo spettatore è completamente vittima inconsapevole delle trovate sceniche del gruppo, ma ne rimane coinvolto piacevolmente. Molto televisivi, ma anche capaci di tenere testa ad un pubblico plateale e a farlo proprio con gli effetti speciali della parola e del gesto. Da vedere. Si replica al Salone Margherita fino al 1 febbraio