Gabriele Muccino ha paura del tempo che passa, ne sente il peso opprimente. Uno dei protagonisti del 73esimo Festival di Venezia con “L’estate addosso” ha il timore di invecchiare e in una lunga intervista a “Vanity Fair” mette a nudo le sue paure.
“Con l’estate addosso – afferma il regista – sono tornato a fare storie che mi interessano. Hollywood è complessa e non facile da frequentare. Solo chi c’è stato può capire la realtà che non ha niente a che fare con il sogno e con i luoghi comuni. Per molti registi e attori lavorare in quel contesto è una benedizione, ma non bisogna dimenticare che è il posto più cinico della terra, si possono prendere delle grandi delusioni. Dopo essere stato dieci anni a Los Angeles, posso dire di non avere un vero amico, ma non sono l’unico a stare in questa situazione”.
E continua: “Questa industria è fatta di amici che non esistono, adesso l’ho capito e mi sono rassegnato. Per questo motivo mi sono isolato e ho cominciato a guardare le cose con una penombra nello sguardo che non mi piace avere. Ho passato tanto tempo a dimostrare di essere migliore di come mi valuta il prossimo e passo il tempo a convincermi che gli altri hanno torto. Ma chi vince la sua coscienza vive meglio la sua esistenza. Amo la vita ed è per questo che non accetto la sua fine. Oggi non sono più la stessa persona di quando ho iniziato a fare i primi film. Agli esordi non sapevo neanche cosa volesse dire essere un regista, un marito, un padre. Ci sono dei periodi nell’esistenza in cui capiamo che nulla sarà come prima”.
Il film di Muccino che è presentato al Festival è una biografia del regista, lui mescola fiction e realtà. La storia è quella del dopo maturità di Muccino e il viaggio negli States di un ragazzo borghese che tira fuori la testa dal suo guscio fatto di benessere. I protagonisti del film, in uscita nelle sale il 15 settembre sono Brando Pacitto, Matilda Lutz.
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