“Quando eravamo repressi” può considerarsi un cult teatrale a tutti gli effetti, Pino Quartullo lo coccola e lo vizia come il primo amore, cercando anche in questa edizione a cui aggiunge al titolo un 3.0 (essendo la terza edizione) una nuova e rinnovata forza drammaturgica e attualizzandolo qua e là con piccole aggiunge al linguaggio già innovativo che lo rende un evergreen adatto a tutte le stagioni della vita. Questa volta “Quando eravamo repressi 3.0” ha attori al seguito che non erano neanche nati all’epoca in cui Quartullo scoprì che il sesso poteva informare ed essere visualizzato anche in teatro e il pionieristico attore e regista presta il suo assunto a quattro giovani e talentuosi interpreti che scoprono quanto lo spettacolo di 26 anni fa possa essere il vademecum di oggi. Francesca Bellucci, Annabella Calabrese, Matteo Cirillo, Tiziano Floreani si muovono su un palcoscenico dove le sorprese sono infinite e a tratti inventarle loro su un copione che dà uno spunto molto forte per dare vita ad una recitazione scoppiettante e funambolica.
Le coppie che si incontrano in uno squallido agriturismo sulla via della pontina, sono diverse tra loro e complementari allo stesso tempo, cercano un sesso senza coinvolgimenti. C’è la giovane coppia borghese della Roma Nord che è ormai annoiata dallo stare insieme, con un lui che cerca nuove ed eccitanti situazioni e lei una finta benestante, prestata ad una vita agiata che ha messo da parte la ragazza borgatara e navigatissima. L’altra coppia ha una jeanseria, vive le atmosfere borgatare e coatte della capitale e le porta insistentemente anche nella vita sessuale. L’incontro tra le due coppie è anche uno scontro tra le estrazioni sociali e il diverso modo di essere tra istinti repressi e falsi pudori e ne viene fuori un ritratto accurato sulle dinamiche comportamentali dei singoli individui sull’eros e su tutto quello che ne consegue.
Gli attori sono tutti bravissimi e giocano coralmente alla trasgressione del deus ex machina Quartullo, il loro maestro e sdoganatore di emozioni ad alta tensione erotica. Le situazioni sulla scena sono tante e la coatta ed esplosiva Petra, interpretata da Annabella Calabrese che non perde occasione di fare sesso da fame irrefrenabile, è quella che dà il via insieme al compagno all’esplosione dei sensi e delle occasioni, travestendosi e giocando con la propria personalità per eccitare i suoi e i sensi degli altri.
Le donne hanno una marcia in più nell’incipit erotico e dinamizzano non poco la scena che diventa un luna park di visivi amplessi che a volte scivolano in un divertente parodia del come vorremmo essere se ci svestissimo dei nostri pudori. Non perde lo smalto dei tempi migliori l’assunto di Pino Quartullo che fu portato al cinema nel 1992 con Alessandro Gassman, Lucrezia Lante Della Rovere, Francesca D’Aloja e un Quartullo già sulla cresta dell’onda più giovane, ma non meno attraente e bravo di oggi. Gli attori scelti non fanno certo rimpiangere quelli del trascorso e istruiscono bene sull’arte di essere vivi in un mondo che ci vuole conformisti e decisamente omologati. Da vedere. Si replica al Teatro Ghione fino al 30 ottobre.
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