Renato Zero non si discute, si ama e basta, ha costruito quarant’anni di parole e note con ventotto album all’attivo. Ha da poco compiuto 66 anni e i sorcini e non continuano a seguirlo in massa. Dopo aver incantato il pubblico dell’Arena di Verona in tre concerti di giugno con i suoi brani cult e il suo ultimo album “Alt” accompagnato dalla sua band e dell’Orchestra Filarmonica della Franciacorta diretta dal Maestro Renato Serio, Renato Zero è tornato con “Alt in Tour” dal 24 novembre scorso in diversi palasport importanti italiani.
Il 6/7/9/10/13 e 14 dicembre sarà al Pala Lottomatica a Roma. Ha percorso mezzo secolo di musica, di costume e anche di linguaggio della nostra Italia. Lui è il poeta della musica, quello che più di ogni altro commuove e emoziona in un brano. Nel corso degli anni lui ha perso quella trasgressione che lo aveva reso famoso e inimitabile, ma non ha perso la capacità di arrivare dritto al cuore del pubblico dai venti ai settant’anni. I numeri parlano chiaro: 28 album in studio, 3 raccolte, più di cinquecento canzoni. 45 milioni di dischi venduti. Gli esordi sono stati difficili, il primo disco del 1967 che glielo aveva prodotto Gianni Boncompagni aveva venduto solo 20 copie.
A quell’epoca Renato era un ballerino magrissimo che proveniva dai casermoni popolari del quartiere della Montagnola e che ha causa del suo modo di essere aveva creato intorno a sé dissenso e una serie di insulti quotidiani. Chiunque al posto suo avrebbe lasciato perdere, ma lui con tenacia è andato avanti e si è costruito una carriera grandiosa. Figlio di Domenico, poliziotto, e di Ada, infermiera, tre sorelle come in Cechov, Renato Fiacchini ha iniziato giovanissimo a frequentare le luci stroboscopiche del Piper, storico locale romano di via Tagliamento, dove hanno suonato i Pink Floyd, i Procol Harum, i Genesis, i Byrds e Sly and the Family Stone, fino a leggende del jazz come Duke Ellington e Lionel Hampton.
Lì conosce Loredana Bertè, Mia Martini, Patty Pravo, Mita Medici e Stefania Rotolo, tutte amiche che faranno strada nel mondo dello spettacolo. Lavorando come ballerino nello show serale di Rita Pavone, guidato dal coreografo Don Lurio, Renato ha imparato i trucchi del mestiere e ha capito presto le dure leggi che regolano lo star system. Zero firma il suo prima contratto discografico come cantautore con la RCA nel 1972 e nel 1973 esce il suo primo album No mamma, no! un disco nel quale si intravede il suo multiforme talento, ma che non ottiene il giusto successo dal pubblico.
L’anno dell’affermazione è il 1977, grazie soprattutto alle radio libere, l’artista si mette in luce con Mi vendo, che contribuisce alle buone vendite dell’album Zerofobia, contenente altri brani divenuti famosi come Il cielo, Morire qui, Vivo e Manichini. Un successo ancora maggiore arriverà con Zerolandia trainato dal contagioso singolo Triangolo, che ironizza su rapporti di coppia non proprio tradizionali. Il numero dei suoi fan sale e i suoi variopinti concerti sono sempre più affollati. Nasce così Zerolandia, il grande tendone itinerante che ospita ogni sera migliaia di sorcini. Esplode così in tutta Italia la Zerofollia, che raggiunge il suo apice nel 1979, quando sia l’album EroZero che il singolo Il carrozzone conquistano i vertici delle classifiche. Intorno alla metà degli anni Ottanta la sua popolarità ha conosciuto un momento di flessione, per poi rilanciarsi alla grande al Festival di Sanremo del 1991 con l‘intensa Spalle al muro. Da allora Renato Zero è rimasto tale come pochi grandi della canzone italiana. A tre anni dal doppio progetto di Amo in due capitoli, incentrato su tematiche più intime e riflessive, Renato è tornato ad aprile nei negozi, forte di passione e spirito di denuncia, ai grandi temi sociali e alle battaglie civili con ALT: 14 brani inediti, ricchi di sorprese. La fede, la violenza, i giovani, il lavoro, il destino dell’arte, l’amore nelle sue declinazioni, l’ecologia, le politiche d’accoglienza, i nuclei affettivi.
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