Virginia Raffaele ribissa con “Perfomance”, dopo lo strepitoso successo dello scorso anno con il sold out in tutti i teatri italiani. Con grinta e passione da vendere la giullare di belzebù, come ama definirsi durante lo spettacolo, mette e smette i panni dei tanti personaggi che ha fatto suoi con l’inventiva e un’acrobazia dialettica oltre che motoria dello stare sulla scena. Inizia così con la madre di tutti le sue caratterizzazioni, Marina Abramovic, la montenegrina artista delle relazioni con l’esterno e l’interno del mondo. Appare Virginia alias Abramovic ad aprire le danze delle trasformazioni in atto, in forma quadrimensionale e anche più, giganteggiando su degli schermi/pannelli che sono sul palco del Teatro Brancaccio e che mostrano la figura demoniaca e lugubre dell’artista che la Raffaele imita in maniera strepitosa, mettendo in evidenza gli eccessi e i decessi di un modo di fare arte. Il Teatro Brancaccio si tinge di veracità quando arriva Francesca Pascale, che come in una diva di “Cabaret” mette in scena uno spettacolino per il suo uomo caduto in disgrazia, Silvie, come lo definisce lei, un imprenditore che stato l’idolo della sua infanzia e l’antesignano dell’epoca dei paninari e dello yuppismo e ora si guadagnerà il paradiso come fece già Barabba. Divertente e dissacrante la Pascale, interpretata da Virginia diventa una donna brillante, consapevole di essere una delle tante sulla scia del berlusconismo. Poi arriva Belen e travolge la platea con le sue movenze feline e un po’ sgangherate, traballando su dei tacchi troppo alti e buttandosi a ogni piè sospinto su spettatori che si lasciano avvinghiare dalle turbolenze di Virginia, ormai indemoniata da Belen. Sul palcoscenico la copertina maxi di “Chi” con una splendente Rodriguez che verso la fine viene modificata da una tagliola a mò di boia della carta stampata in vecchia aggrinzita con il titolo sottostante che inneggia a “Belen CHI?”. Insomma uno sberleffo in piena regola che lascia la platea divertita e sorpresa. Poi la classe e l’eleganza di Ornella Vanoni ci delizia e le sue smemoratezze la fanno da padrone e dietro le sue perfomance c’è un pianista che è la sua memoria passata. Scorre poi il personaggio di Giorgia Mauro, la poetessa transessuale Paula Gilberto Do Mar che non ha peli sulla lingua. La criminologa Roberta Bruzzone è un mix tra l’esorcizzata e la efferata eroina shakespeariana e la Raffaele la fa morire sul luogo del crimine. Non credo che ci sia nessuna artista in grado di dare il meglio di sé a teatro e il pubblico lo sa bene, rispondendo con applausi sentiti alla fine di uno spettacolo che mette tutti d’accordo e che regala una chicca imperdibile nell’epilogo come quella di Carla Fracci, a cui la Raffaele dona attraverso le azioni e la caratterizzazione dei movimenti una perfomance unica e inimitabile. Virginia Raffaele però non esiste, esistono le sue maschere più popolari e alla fine di questo percorso lei non riesce ad essere sé stessa, sono sempre i suoi caratteri a venir fuori e ad invadere il campo della normalità. Spettacolo da non perdere, scritto dalla stessa Raffaele, Giampiero Solari, Piero Guerrera, Giovanni Todescan, per la regia di Giampiero Solari. Si replica al teatro Brancaccio fino al 29 gennaio.
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