“Miseria e nobiltà”, il testo di Eduardo Scarpetta, viene rinnovato dalla scrittura di Pietro Romano che ha deciso di trasporla in dialetto romanesco. In scena in questi giorni al Teatro delle Muse, la pièce, diventa un divertente affresco di un tempo che sembra avere diverse connotazioni con oggi. Lo sbarcare il lunario di Felice Sciosciammocca rappresenta l’attualità e una fetta d’Italia che rivive nelle dinamiche quotidiane dei caratteri raccontati in scena. In questo caso Pietro Romano oltre all’adattamento e alla regia si preoccupa di vestire il personaggio, simbolo del testo, cambiandone il nome in Proietti e facendogli parlare romano, senza tradire l’humus di Scarpetta e del suo ritratto di un interno ed esterno populista e borghese. Tutti conosciamo il film con Totò, ma qui i colori di un tempo che fu e l’essenza della vita che scorre tra gioie e affanni tra i personaggi non è tradita, anzi è avvicinata all’arte di Pietro Romano, che trasforma classici in una lingua a lui più congeniale. In scena Edoardo Camponeschi, Marco D’Angelo, Valentino Fanelli, Giorgio Giurdanella, Francesca La Scala, Eleonora Manzi, Beatrice Proietti, Mirko Susanna, Marina Vitolo. Nella sua carriera, ormai trentennale, Pietro Romano ha messo in scena decine di spettacoli, spaziando dal classico al moderno, dalla prosa al musical, dalla lingua al vernacolo o meglio, ai vari vernacoli da lui posseduti intimamente come se ognuno fosse il proprio. “Miseria e Nobiltà“, pur nel rispetto dell’originalità dell’opera di Scarpetta, risulta un successo che unisce l’umorismo della gestualità napoletana al sarcasmo del dialetto romanesco. Si replica fino al 9 aprile.
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