Torna sul palcoscenico l’inesauribile Paola Minaccioni che quando recita i suoi mostri interiori ed esteriori degni di una galleria d’arte moderna, riesce a monopolizzare l’attenzione di tutte le età. In questi giorni è al Teatro Ambra Jovinelli con “Dal vivo sono molto meglio” e l’impressione che lo spettatore ha è quella di essere dentro la lente di ingrandimento della Minaccioni che attraverso la sua mimica e le sue dissertazioni irriverenti sulla società mette a fuoco le grandi incongruenze del presente. Te la trovi dietro le spalle già dal primo minuto di rappresentazione, scende in platea a deliziarci con la sua comicità caustica e generosamente piena di riferimenti attuali, si veste e si sveste di noi per farci vedere come siamo e ci prende al laccio dei suoi argomenti, fa alzare lo spettatore occasionale dalla poltrona e lo rende protagonista suo malgrado, usa la provocazione come arma di seduzione e ci riesce alla perfezione.
Poi sale sul palcoscenico e inizia la sua galleria di caratteri che l’hanno resa famosa in televisione e non, comincia con la poetessa che legge poesie (scritte dalla Minaccioni negli anni “90”) autobiografiche mirate a raccontare il perché si preferiscono tanti uomini ad uno solo che è senza qualità e poi si accanisce anche sulle donne, ma sempre per scuoterle dall’indifferenza. Ma le sorprese continuano, la Minaccioni incalza con il suo miglior repertorio, tirando fuori dal suo ego “la qualunquista razzista”, il peggio e il meglio della cattiveria umana accompagnata dalla bravissima Lady Gogo che la sovrasta con la sua consolle ed è l’altra voce della Minaccioni quella musicale, che cambia ritmo a seconda degli stati d’animo dei suoi personaggi. Lady Gogo è la Dj che tutti vorrebbero avere perché aggiunge le parole musicali alla protagonista. Tanti i personaggi dalla donna manager alla rumena operatrice tutto fare, oltre a quello della badante, improbabile in ogni mestiere e azione, una confusionaria donna straniera che alla fine rinnega anche la nazione che l’accoglie. La Minaccioni racconta la verità tutta la verità, senza avere paura di affrontare temi scottanti, come la diversità, “la gay malattia” messa in bocca alla qualunquista razzista. Il pubblico è contento, l’acclama e dulcis in fundo arriva in finale la vecchietta, la sua nonna prediletta, che scende in platea e prende di mira qualsivoglia persona e si fa aiutare a salire in palcoscenico da uno spettatore in vena di stare al gioco della vecchietta arzilla. Uno spettacolo dove niente è lasciato al caso, ma l’improvvisazione può essere causata da un nonnulla e diventare parte integrante del gioco scenico. La regia è di Paola Rota e lo spettacolo è scritto oltre che da Paola Minaccioni, da Claudio Fois e Alberto Caviglia. Da vedere. Fino al 30 aprile.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.