Anche Fantozzi se ne andato. Paolo Villaggio aveva 84 anni e ci ha lasciato in eredità la maschera più tragicomica di questo secolo. La ridicola esternazione dell’uomo qualunque ci ritornerà in mente in questa giornata in cui l’attore ci ha congedato all’improvviso. Ad annunciare la sua morte la figlia Elisabetta su Facebook dove ha postato una foto del papà giovanissimo che scrive: “Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare”.Villaggio ha percorso la commedia in lungo e in largo e di comici non se ne contano tanti, tra questi c’è lui insieme a Totò, Franco Franchi, etc. La differenza tra Villaggio e Totò è che il primo non ha dato mai il proprio nome ai suoi film, aveva inventato un suo doppio con il Rag. Ugo Fantozzi con cui aveva fatto coppia in ben dieci film. Sembrerebbe che il Ragioniere sia stato condiviso da Villaggio per lo stesso destino che li accomuna all’inizio della carriera, quando la critica lo evitava sdegnosamente per poi riscoprire il talento di Villaggio tardivamente. Villaggio aveva iniziato dal cabaret per poi approdare alla televisione dove portava il suo sadico Professor Kranz e il sottomesso Fracchia.Nel 1970 l’entrata nel cinema con “Brancaleone alle Crociate” di Mario Monicelli, poi al fianco di Vittorio Gassman in “Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto e Che c’entriamo noi con la rivoluzione. Inoltre fu diretto da Marco Ferreri in “Non toccare la donna bianca”. Il primo mitico “Fantozzi” fu diretto da Luciano Salce dall’omonimo libro di Villaggio che diventò un best-seller. L’attore si convertì definitivamente al filone del cinema nazional-popolare e diventò un successo. Paolo Villaggio a differenza di tanti altri attori non fu un protagonista assoluto delle commedie che interpretava, ma si adattava al gioco di squadra con estrema disinvoltura, soprattutto quando cominciava ad imperversare negli anni Settanta la commedia corale. A Paolo Villaggio non sono mancate le soddisfazioni in vita, dal David di Donatello come miglior attore protagonista per il film di Fellini al Leone d’Oro alla carriera (1992), dal Nastro d’argento per Il segreto del bosco vecchio al Pardo d’onore a Locarno (2000). Difficile dar conto in poche righe della sua attività di scrittore satirico o delle incursioni sulle scene teatrali, tra cui un memorabile Avaro (1996) e l’autobiografico Delirio di un povero vecchio (2000-2001). Villaggio fu legato da grande amicizia con Fabrizio De André, risalente agli anni in cui erano ragazzini e che produsse due canzoni memorabili come Il fannullone e Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (testi di Paolo, musica di Fabrizio). Alle esequie dell’amico Villaggio disse che quando si è molto amici si vede alla morte come a un fatto lontano che non accadrà mai, ma quando la cosa succede uno pensa che non si è avuto il coraggio di incontrarsi e di parlarne perché fa parte della vita reale e non è un gioco. Paolo Villaggio ci piace ricordarcelo come un funambolo del cinema, capace di coniugare la verità alla paradossale quotidianità dell’uomo di strada, un artista intelligente, che in diversi salotti televisivi dissacrava ogni cosa e lasciava tutti a bocca aperta nel sentenziare ciò che gli altri avevano paura di affrontare.
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