Questa sera va in onda in prima tv su Rai 3 “La meccanica delle ombre”, per la regia di Thomas Kruithof con François Cluzet, Denis Podalydès, Sami Bouajila, Simon Abkarian, Alba Rohrwacher. Duval è un contabile molto preciso nel proprio lavoro, finché viene licenziato a causa di esuberi aziendali. Dopo alcune ricerche di lavoro infruttuose viene contattato da un certo Clément, un tipo misterioso che gli offre un nuovo impiego: Duval dovrà trascrivere, velocemente e senza errori, alcune registrazioni su cassetta ogni giorno, in cambio di uno stipendio ragguardevole. Ben presto Duval si rende conto che il contenuto di queste cassette “scotta” politicamente, ma tirarsi fuori dall’impegno non è un’opzione prevista. Oggi che quel cinema medio non esiste più, è difficile dire quanto spazio possa trovare il film di Kruithof presso il pubblico. Ma la passione profusa in La meccanica delle ombre è tale da poterne mutare il destino. Dalla sua il regista belga ha un cast di qualità, una certa attenzione al dettaglio da giallista e un epilogo che non disdegna di menare fendenti alla situazione politica attuale in Francia. Kruithof la presenta come ambigua e attraversata da disegni oscuri, quasi eversivi, con un candidato emergente e senza scrupoli che molto assomiglia a una versione maschile di Marine Le Pen. Sembrano gli anni ’30 di Daladier e Chamberlain, titubanti nell’arginare i fanatismi politici del totalitarismo, o i ’70 della strategia della tensione, ma invece sono gli anni Dieci del terzo millennio. Un’epoca confusa e inquietante, in cui la sensazione di instabilità politica è quasi palpabile. Kruithof ben individua questo feeling e se ne avvale per dare forza a un’opera che, seppur non esente da difetti – tra cui il ruolo (minore) affidato ad Alba Rohrwacher, scritto superficialmente – vale, sempre come si diceva un tempo, il prezzo del biglietto.
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