Questa sera va in onda in prima tv “Il libro di Henry”, per la regia di Colin Trevorrow con Naomi Watts, Jaeden Lieberher, Jacob Tremblay, Sarah Silverman, Lee Pace. Henry è un ragazzino prodigio, un piccolo genio che si prende cura di ogni aspetto della vita della madre single e del fratellino Peter, che invece è un bambino normale, immaturo e indifeso. Ma Henry ha un cruccio: non riesce a convincere gli adulti che la sua vicina di casa, la timida Christina, sia vittima di abusi da parte del patrigno, il duro signor Sickleman. Eppure Henry ne è certo e non trova altra strada che ideare l’assassinio perfetto dell’uomo. Sarà però sua madre a dover seguire per filo e per segno le istruzioni che lui ha appuntato sul suo quaderno, perché Henry, nel frattempo, si trova a lottare contro un altro, subdolo nemico. Lo spettatore pensante è allora spronato ad integrare la visione con una serie di ipotesi, che giustifichino quell’inizio tutto miele come stadio preparatorio di un dramma a venire. E il dramma in effetti arriva, totalmente sproporzionato e fastidiosamente idealizzato, inverosimile nella dinamica e in ogni singola conseguenza. Ma se lo spettatore, si diceva, è estremamente ben disposto e ancora in grado di accettare che il vero film parta solo molto tardi, soltanto nel momento in cui uno dei suoi protagonisti esce di scena, la sua attitudine sarà non di meno destinata a venir delusa con maggior forza, nel momento in cui, al culmine del racconto, il confronto notturno tra Susan, la madre di Henry, e il vicino di casa, si sgonfia come un palloncino bucato.
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