Questa sera su Sky Cinema Uno va in onda “Terminator Genisys”, per la regia di Alan Taylor con Arnold Schwarzenegger, Emilia Clarke, Jai Courtney, J.K. Simmons, Jason Clarke.
In Italia al Box Office Terminator Genisys ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 2,8 milioni di euro e 1 milioni di euro nel primo weekend.
- John Connor è a un passo dal guidare la resistenza umana alla vittoria definitiva sulle macchine, quando Skynet invia all’ultimo minuto un cyborg nel 1984 per uccidere sua madre, Sarah. John manda allora il suo braccio destro Kyle Reeves indietro nel tempo per proteggerla. Qui, Kyle trova Sarah in compagnia di un identico Terminator, riprogrammato, che le fa da guardiano dall’età di nove anni. Viaggiando nel tempo, Kyle rievoca anche strani ricordi, mai avuti prima, risalenti al 2017.
Convince perciò Sarah a recarsi con lui in quell’anno per impedire la messa on line di Genisys, l’App dietro la quale si nasconde la stessa Skynet.
C’è qualcosa di circolare e forse vizioso nel modo in cui ogni neonato film della saga si propone in realtà come la sua versione definitiva: a partire dal secondo, firmato ancora James Cameron, per arrivare a questo quinto, tutti indossano il motto per cui il futuro non è scritto, eppure ognuno ci tiene testardamente ad avere l’ultima parola. L’incursione più recente, Terminator Salvation, tentava – comunque lo si giudichi- la carta di lasciarsi alle spalle i viaggi nel tempo e trovava il suo presente filmico nel futuro e nella guerra uomo-macchina. L’eclettico Alan Taylor, invece, si affida alla penna di Patrick Lussier, il quale, infilata la parrucca da scienziato pazzo, mescola le carte come non mai. Al centro di Terminator Genisys c’è infatti proprio la sfera uterina che consente i trasporti temporali e che il tenente Reese frequenta, con malizia e senso della missione, con la stessa relativa facilità con cui Marty McFly guadagnava il sedile della sua DeLorean. Affianca questo movimento “reale” un twist narrativo maggiore, ampiamente anticipato in sede più o meno autorizzata di promozione, per cui l’eroe si macchia del crimine peggiore: John Connor perde la sua umanità e si manifesta come l’agente Smith di Matrix, replicante ubiquo e inarrestabile, nemesi perfetta dell’eletto. Qui però la scrittura comincia ad imbarcare acqua: si può gradire o meno la trovata, ma la stessa dovrebbe garantire un funzionamento interno, che invece fa cilecca. Troppo impegnata sentimentalmente come “figlia” di Paps, il T-800 che l’ha salvata, cresciuta e attesa con pazienza (invecchiando senza divenire obsoleto), Sarah Connor non trova proprio il tempo per intenerirsi di fronte ad un figlio cresciuto e luciferino. Lussier delega allora il dissidio interiore al personaggio di Kyle, amico fraterno di John, che va però in confusione quando apprende tutta la verità, in un parcheggio sotterraneo senza poesia alcuna, e qui si sfiora davvero la parodia.
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