Questa sera va in onda su Sky Collection “Valerian e la citta dei mille pianeti”, per la regia di Luc Besson con Dane DeHaan, Cara Delevingne, Clive Owen, Rihanna, Ethan Hawke, Herbie Hancock.
Il film ha ottenuto 1 candidatura agli European Film Awards, In Italia al Box Office Valerian e la città dei mille pianeti ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 2,4 milioni di euro e 988 mila euro nel primo weekend. Anno 2740. Il Maggiore Valerian, agente governativo, e il sergente Laureline, sua fidata partner, vengono inviati in missione dal Ministro della Difesa nel caotico e intradimensionale Big Market del pianeta Kirian, allo scopo di mettere in salvo l’ultimo convertitore Mül rimasto. I Mül sono un popolo che si crede estinto, ma attorno al loro destino vige un misterioso segreto militare. E il mistero si fa più fitto quando Valerian e Laurelin raggiungono Alpha, la Città dei Mille Pianeti: un’enorme stazione spaziale minacciata dall’interno da una zona radioattiva in rapida espansione. C’è molta tecnologia al servizio di Valerian e la città dei mille pianeti: il Big Market della grande sequenza sul pianeta Kirian “vende” essenzialmente quella, uno spettacolo di immagini che generano altre immagini in maniera potenzialmente infinita. Eppure questa sequenza, debitrice di tutte le space opera del cinema contemporaneo (così come la scena dell’ingresso a Alpha), sono meno interessanti di altre. L’inizio del film, per esempio, con l’immagine della principessa Mül che raggiunge la mente di Valerian durante il sonno e lì s’innesta, generando eventi, cioè narrazione, ci racconta meglio la genesi del processo creativo e porta in sé un seme di quel lungo inseguire l’idea di Valerian, con le immagini del fumetto in testa, che è stata l’esperienza del regista. Besson è un romantico, lo è sempre stato: Valerian e Laurelin sono “due per la strada”, impegnati in un corso di sopravvivenza prematrimoniale che li fa passare attraverso prove sempre più esigenti. E Besson è anche un regista che tende a pontificare e talvolta a sovraccaricare. In questo lavoro, invece, si mantiene dentro limiti ben tracciati: non c’è l’umorismo de I guardiani della galassia né la filosofia di Star wars, il film abita piani più bassi, ma c’è spazio per il divertimento e per un discorso importante sulla riparazione delle colpe in materia di guerre tra i popoli.
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