Questa sera su Rai 5 va in onda “Don’t forget to breath”, per la regia di Martin Turk con Matija Valant, Tine Ugrin, Klara Kuk, Ronja Matijevecm Jerman, Iva Krajnc.
Klemen e Peter sono due fratelli cresciuti da una mamma single, molto legati l’uno all’altro.
La loro vita scorre serena, tra partite di tennis, corse nei campi e la scuola, finché Peter non si innamora della sensuale Sonja. Una ragazza di cui Klemen è immediatamente geloso – e forse, in fondo, segretamente attratto.
Due fratelli, un fiume, un’estate in cui tutto è destinato a cambiare. È un romanzo di formazione “classico”, quello messo in scena da Martin Turk nella campagna – calda e sensuale – della Carniola Bianca (già luogo d’elezione per Il Guardiano della Frontiera di Maja Weiss), in cui due fratelli vivono il distacco – necessario, brutale, anche doloroso – dal mondo dell’infanzia. Sentimenti volontariamente tenuti da Turk sotto a una soglia massima, che impedisce alle tensioni (e dunque al dramma) di tracimare in tragedia o perdersi nel melò. La sensualità non diventa passione, la rabbia non esplode, la ribellione si consuma a metà. Gli impulsi irrazionali, il caos emotivo, l’ansia e l’arroganza dell’adolescenza sono emozioni che appartengono al giovane protagonista, appena quindicenne, colto nel momento in cui la sua vita sta arrivando a un bivio: non solo il fratello più grande lascerà il paese, ma la sua attenzione adesso è rivolta più alle ragazze che a lui.
Eppure le conseguenze di quella rabbia giovane, le azioni necessarie al rito di passaggio per l’ingresso nell’età adulta (il sesso, l’eccesso, la trasgressione) sono per scelta appena tratteggiate, disciolte in un racconto elegante e raffinato, che non permette colpi di testa o brusche impennate narrative. A garanzia dell’autenticità dell’operazione, che riesce a non scadere mai nell’artificio (nessun rischio di cadute nel radicalchicchismo di maniera), c’è tutta la verità di una storia con profonde radici autobiografiche, legate al vissuto personale del regista.
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