Questa sera su 20 Mediaset va in onda “Knock Knock”, per la regia di Eli Roth con Keanu Reeves, Lorenza Izzo, Ana de Armas, Ignacia Allamand, Aaron Burns.
Lasciato solo da moglie e figli per un weekend, l’architetto ed ex DJ al centro della storia riceve una visita inattesa ma non sgradita. Alla sua porta, a notte fonda, bussano due ragazze giovani, piacenti e bagnate dalla pioggia che infuria, chiedono aiuto, potersi riparare e magari fare una telefonata. Una volta dentro sembrano affascinate dallo stile di vita dell’uomo che hanno di fronte, sono prodighe di complimenti e la serata finirà nel sesso. Il giorno dopo però i nodi cominciano a venire al pettine, primo fra tutti il vero motivo per il quale le due ragazze hanno bussato alla sua porta.Eli Roth si sposta di un passo dal suo classico stile e al gore o allo splatter spinto che l’hanno contraddistinto fino ad oggi sostituisce la suspense e la tortura senza sangue. Se i suoi film più famosi (i due Hostel) si caratterizzavano infatti per essere dei torture porn con velleità intellettuali mancate, qui la tortura guarda ancora più in alto, lascia da parte il sangue e ambisce ad un livello intellettuale.Quando la storia entra nel suo vivo tutto inizia a dare evidenti segni di cedimento. Incapace di distendere un racconto che utilizzi le immagini per lavorare a più livelli di lettura, ma anche incapace di essere un semplice film di genere, Knock Knock perde di abbrivio non appena supera la fase di presentazione della situazione. Eli Roth non ha né la decisione né la capacità di filmare l’azione dei B movies, né l’astrazione dei film d’autore. Non solo molti eventi sembrano piovere dal cielo ma altri sono messi in scena malissimo (tutto l’ingresso dell’amico di famiglia nella storia è goffo e maldestro fino alla sua conclusione), conditi da dialoghi impensabili. Come spesso accade nei film di questo regista, l’impressione è che esista un secondo livello di lettura che però non si vede mai. Le intenzioni rimangono nell’aria, nel titolo o nello spunto, mentre sullo schermo vediamo solo svolgimenti e messe in scena amatoriali conditi da una recitazione fuori tono. Anche la piccola trovata ironica finale non coglie nel segno per quanto è mal recitata. Non si tratta di scarsa capacità ma di una serie di scelte molto precise che non suonano mai intonate e, di film in film, condannano Eli Roth ad essere un eterno regista di serie B con la velleità di essere di serie A.
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