Questa sera su 20 Mediaset va in onda “Fighting”, per la regia di Dito Montiel con Channing Tatum, Terrence Howard, Luis Guzmán, Zulay Henao, Brian White, Ivan Martin.
Al Box Office Usa Fighting ha incassato nelle prime 6 settimane di programmazione 23 milioni di dollari e 11,4 milioni di dollari nel primo weekend. Shawn MacArthur è un giovane ribelle che dall’Alabama arriva a New York senza un soldo in tasca né un progetto in testa. Si guadagna qualche spicciolo vendendo libri e merce contraffatta per le strade della città finché durante una rissa in pieno giorno viene notato da Harvey Boarden, imprenditore di piccoli giri legati al mercato nero e alle scommesse illegali, che lo inizia al mondo dei combattimenti clandestini e della lotta a mani nude.Il cambiamento di direzione dello sguardo di Montiel è significativo non tanto perché costituisce l’ennesima dimostrazione del teorema della strada lastricata di oro e perdizione che conduce a Hollywood, ma perché nel passare da Astoria a Brooklyn per via aerea, il regista newyorkese pare aver perduto, oltre che la vicinanza con gli eventi raccontati, anche la propria abilità di narratore.La costruzione di fighting procede per archetipi narrativi così rigidi ed approssimativi da corrompere anche la fluidità della storia e la credibilità del suo protagonista. Tutto è costruito secondo una logica antica quanto la mitologia, dove però alla linearità del racconto si sostituisce una narrazione frammentata che intervalla quelle funzioni precostituite della “fiaba” con combattimenti coreografati al ritmo di hip hop e street beat. Channing Tatum ha la giusta fisicità per il ruolo ma, rimosso da quel contesto di disagio sociale che viveva attraverso il personaggio di Antonio in Guida, come Shawn diventa un personaggio poco espressivo e poco appassionante che, a dispetto dei pugni che è capace di sferrare, pare vivere con poche intenzioni e molte perplessità tutti quei pochi e prevedibili snodi narrativi del film, senza riuscire a trasmettere una pulsione che possa mai realmente essere interpretata come vendetta, ambizione o desiderio di riscatto sociale.
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