Questa sera va in onda su Tv2000 va in onda “Zona d’ombra – Una scomoda verità”, per la regia di Peter Landesman con Will Smith, Alec Baldwin, Gugu Mbatha-Raw, Arliss Howard, Paul Reiser, Luke Wilson.
Un giorno di settembre del 2002, l’anatomopatologo Bennet Omalu, nigeriano emigrato a Pittsburgh, ancora non perfettamente al passo con l’America e le sue passioni, si trova a dover indagare la causa della morte di Mike Webster, leggenda del football americano, finito in disgrazia a vivere in un pick-up, tormentato da spaventose emicranie. Omalu è uno che fa ridere i colleghi, perché parla con i morti, vive il suo lavoro come una missione e non lascia mai perdere. Per questo, paga di testa propria i costosi esami al cervello di Iron Mike e scopre una verità a dir poco scomoda, che mette in breve in pericolo la sua carriera e persino la sua famiglia. Con Zona d’ombra Landesman non fuga le perplessità e anzi le nutre abbondantemente. Lo spettro di Insider di Michael Mann aleggia sull’intero concept del film, ovvero la lotta di Davide contro il Golia di uno sport che, a Pittsburgh in particolare, ha investito pesantemente nell’occupazione della popolazione e nella costruzione di uno stadio che è un vero e proprio elefante in salotto, e ogni qualvolta fa la sua apparizione, il film di Landesman impallidisce, incapace di reggere il confronto a qualsiasi livello. Anche senza scomodare termini di paragone, però, Zona d’ombra sembra impegnarsi nel rendersi la vita difficile la vita con le proprie mani: tarato da un’inspiegabile e poco funzionale linearità estrema del racconto, non potendo contare su un numero sufficiente di ostacoli (Omalu non ha avuto la strada spianata, ha sofferto e fatto soffrire, ma la fortuna ha anche girato non poco la ruota dalla sua parte) sposta il fuoco dalla battaglia legale, tutto sommato esterna al personaggio, alla sua lotta interiore per vedere riconosciuto il proprio valore in terra d’America, il paese che tramuta i sogni in realtà, il paradiso dei self-made men. È così che il neuropatologo interpretato da Will Smith con forte accento buonista, citando Dio ad ogni piè sospinto, confonde ricerca della verità e ambizione personale, probo idealismo e retorica superflua, lasciando più delusi che perplessi.
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