Questa sera su Tv8 va in onda il film “Black or White“, per la regia di Mike Binder recitano Kevin Costner, Octavia Spencer, Anthony Mackie, Jillian Estell, Jennifer Ehle, Gillian Jacobs, Bill Burr, Joe Chrest e Indigo.
Al Box Office Usa Black Or White ha incassato nelle prime 9 settimane di programmazione 21,4 milioni di dollari e 6,5 milioni di dollari nel primo weekend.
L’avvocato Elliot Anderson ha appena perso la moglie in un incidente d’auto, qualche anno dopo la morte della loro amata figlia diciassettenne nel dare alla luce una bambina, Eloise. Come se non bastasse, la nonna paterna di Eloise, Rowena, si fa avanti per chiedere la custodia della piccola, e nonno Elliott dovrà lottare con tutti i mezzi legali per tenere con sé quella nipotina che è tutto ciò che gli resta della propria famiglia.
Aggiungiamo che Elliot, dalla morte della figlia, alza un po’ troppo il gomito, che il padre di Eloise è un drogato (forse) avviato alla disintossicazione, e che la famiglia paterna della bambina è afroamericana: dunque l’avvocato di Rowena, che è anche suo nipote, cercherà di inquadrare la situazione come il sopruso di un vecchio ricco e bianco contro un giovane povero e nero.
Black or White è un po’ legal thriller e molto dramedy sui rapporti interraziali a Los Angeles, e in generale negli Stati Uniti. La storia si lascia seguire, i dialoghi sono credibili e le dinamiche fra i personaggi delineate con attenzione, cercando di non cadere nello stereotipo. Anche la confezione è dignitosa, benché inconfondibilmente hollywoodiana. Quel che manca è un po’ di coraggio narrativo che spinga la tematica interraziale oltre il politically correct: un film recente su quella tematica come Fruitvale Station riusciva ad illustrare le ragioni di tutti senza paura di addentrarsi nella dark side della difficile convivenza fra i “bianchi e neri” del titolo negli Stati Uniti.
Il regista Mike Binder, autore del commovente Reign Over Me che affrontava con delicatezza e intelligenza il tema dell’11 settembre, si tiene qui un po’ troppo su terreno sicuro, trattando di un argomento che infiamma le cronache e divide il popolo americano. L’intento è evidentemente conciliatorio, e in questo senso socialmente responsabile, ma la costruzione artistica ne risente, contenendo la narrazione entro i limiti assai stretti del consenso di un pubblico il più vasto possibile.
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