Questa sera su Rete 4 alle 21:20 va in onda “Perfetti Sconosciuti”, un film di Paolo Genovese con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea. Avete mai pensa a quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse il cellulare dell’altro? Inizia con questa premessa la storia di un gruppo di amici di vecchia conoscenza che si ritrovano durante una cena che poi si trasforma in un gioco al massacro.
Il gioco è quello che muove questa società tra chat, WhatsApp, mail, sms, selfie, app, t9, Skype, social, ma c’è il risvolto della medaglia, la superficialità con cui tutti affidano i propri segreti attraverso lo smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante.I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c’è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.
Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l’intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti, corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Il tono è adeguato alla narrazione: non melodrammatico (alla L’ultimo bacio), non romanticamente nostalgico (alla Il nome del figlio), non farsesco, non cinico, ma comico al punto giusto, con sfumature sarcastiche e iniezioni di dolore. Questa “cena delle beffe” attinge a molto cinema francese e americano, ma la declinazione dei rapporti fra i commensali è italiana, con continui riferimenti a un presente in cui il lavoro è precario, i legami fragili e i sogni impossibili. Quello che ancora manca, a ben guardare, è quella profondità abissale regalata agli spettatori senza preavviso dal miglior cinema italiano, su tutti quello di Ettore Scola.
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