Questa sera su 20 Mediaset va in onda il film “Pacific Rim – La rivolta”, per la regia di Steven S. DeKnight con John Boyega, Scott Eastwood, Tian Jing, Cailee Spaeny, Rinko Kikuchi, Burn Gorman. Jake Pentecost, il figlio dell’eroico Stacker Pentecost, non è come suo padre e ha infatti lasciato il corpo speciale di piloti degli enormi robot detti jaeger per vivere alla giornata tra piccoli furti e truffe. Finisce però nei guai per colpa di una ragazzina, Amara Namani, e potrà tirarsene fuori solo se accetterà di partecipare a un programma di addestramento di nuovi piloti. Questa attività sembra diventare inutile quando Liwen Shao annuncia il suo progetto: nuovi jaeger pilotati in remoto come droni, realizzati insieme allo scienziato Newt Geiszler. Il suo ex collega Hermann Gottlieb ha invece una diversa invenzione in cantiere: propulsori a base di sangue di kaiju per rendere più rapido l’impiego dei jaeger. Nonostante tutti questi avanzamenti, i piloti e gli scienziati saranno presi in contropiede da un misterioso jaeger che attacca le industrie Shao. Robot contro robot, scene alla luce del sole e nella neve anziché al buio e sotto la pioggia, nuove evoluzioni di kaiju e altro ancora: queste le novità di un sequel che è quasi un reboot, perché si affida pressoché interamente a nuovi interpreti. Il problema di Pacific Rim: La rivolta è a ben vedere proprio qui: al posto di capitalizzare sul lavoro di introduzione svolto nel precedente capitolo, ci ritroviamo dieci anni dopo con nuovi personaggi e tutti loro devono essere a loro volta introdotti, così anziché approfondire si torna indietro. Oltretutto questi nuovi piloti sono tratteggiati per stereotipi e la scelta di portare l’azione alla luce del sole rende gli scontri più prosaici e meno drammatici. Il tema dei droni non è poi minimamente approfondito perché una svolta della trama sposta tutto in un’altra e più banale direzione sui pericoli della ricerca scientifica. Sul fronte spettacolare la varietà tra i jaeger è sfruttata solo in una battaglia e i kaiju appaiono più grigi che mai, inoltre negli scontri in città i palazzi s’infrangono come fossero di cristallo. Non si vedeva una tale gratuita devastazione urbana dal “destruction porn” di Man of Steel, ma almeno Zack Snyder sapeva dare un maggior impatto fisico e drammatico al crollo dei grattacieli – e ancora meglio di lui aveva fatto Gareth Edwards con il suo Godzilla.
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