Questa sera va in onda su 20 Mediaset “Point Break 2015”, per la regia di Ericson Core con Edgar Ramirez, Luke Bracey, Teresa Palmer, Ray Winstone, Delroy Lindo, Matias Varela. Il film è il remake di Point Break – Punto di rottura di Kathryn Bigelow del 1991, interpretato da Patrick Swayze e Keanu Reeves. In Italia al Box Office Point Break ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 3,4 milioni di euro e 1,5 milioni di euro nel primo weekend. Johnny Utah è un nome noto tra gli youtubers appassionati di sport estremi. È famoso per non aver mai avuto paura di nulla e per la tragedia che lo ha colpito e allontanato dal giro. Spinto dalla volontà di entrare nel FBI, per dimostrare le proprie capacità investigative, Johnny ritorna nell’ambiente e riesce a farsi coinvolgere dal gruppo di atleti estremi capeggiato da Bodhi. È convinto che siano loro i responsabili di alcune tra le più spettacolari rapine degli ultimi tempi, così come è convinto di aver intuito il loro piano: portare a compimento le “otto prove di Ozaki“, un percorso verso l’illuminazione spirituale che spinge la sfida fisica oltre gli umani limiti.Armato solo di una camicia a scacchi, Johnny parte per scalare a mani nude le Angel Falls venezuelane, acchiappare le onde del decennio a Maui e volare in wingsuit dentro il vuoto pneumatico di una lunga sequenza-chiave. Del film della Bigelow restano solo i nomi dei personaggi: non c’è davvero nient’altro che possa collegare i due Point Break, ma anche il confronto più rapido e istintivo con i protagonisti dell’originale evidenzia le drammatiche mancanze del secondo. Là dove tra Keanu Reeves e Patrick Swayze, vibrava l’incontro tra gli opposti, con la magnifica ossessione che ne seguiva, qui non c’è vibrazione alcuna, perché Bodhi è tutt’al più un Robin Hood confuso e Johnny non è nessuno: il film non gli dà modo di creare alcun legame né di passare per un attimo dall’altra parte o di subirne il fascino.Quel che più delude, però, è l’incuria con cui, forti delle bravate sulla neve o tra le onde, gli autori trattano l’aspetto narrativo: non c’è dialogo che non urti le orecchie, non c’è ricostruzione più inverosimile delle dinamiche investigative fuori e dentro la sede del Bureau, né alcun gioco di maschere a rinnovare l’illusione e il cinema con essa.
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