Questa sera su 20 Mediaset va in onda “Il settimo figlio”, per la regia di Sergej Bodrov con Julianne Moore, Jeff Bridges, Ben Barnes, Kit Harington, Olivia Williams, Djimon Hounsou.
Malkin, potente strega regina a lungo imprigionata in un antro buio dal maestro Gregory, cacciatore di streghe, riesce ad evadere in corrispondenza dell’inizio del periodo di Luna rossa. Il suo desiderio è soggiogare quanta più terra è possibile ma subito si scontra con l’uomo che anni prima l’aveva imprigionata e ne uccide l’apprendista. Inizia così per il maestro Gregory la ricerca di un nuovo discepolo che trova in Tom Ward, settimo figlio di un settimo figlio, come l’ordine cui dovrà entrare richiede. Tom viene sbrigativamente introdotto al mestiere del cacciatore di streghe e poi gettato subito nell’azione, non c’è tempo da perdere. Sulle loro tracce però arriva una strega apparentemente meno potente e meno convinta che stringe un legame con Tom. Lei appartiene al clan di Malkin (è figlia della sorella) e benchè odi gli uomini ma non vuole combattere quello di cui è innamorata e ricambiata. Nel grande scontro i due cercano una terza via scoprendo che anche il maestro Gregory, decenni prima, aveva avuto una storia d’amore finita male con Malkin, dalla quale è nata gran parte della sua malvagità.È ancora una serie di libri di successo a fornire l’ispirazione per un film hollywoodiano ad alto budget con speranze di sequel. Si tratta di “The spook’s apprentice” di Joseph Delaney, pesantemente rielaborato nella sceneggiatura per lo schermo ideata da Matt Greenberg e scritta da Charles Leavitt con Steve Knight. Il settimo figlio insegue più il cinema di serie B, cioè vorrebbe essere più un film di rapido consumo, asciutto e senza fronzoli (con tutta la nobiltà che queste caratteristiche si portano appresso) che un’opera desiderosa di meritare dei sequel accreditata dai volti più importanti di Hollywood (addirittura un premio Oscar).Sarebbe allora bastato almeno che Il settimo figlio assolvesse con proprietà di linguaggio al suo compito più immediato, regalare un po’ d’azione, o che avesse saputo calcare l’ottimo lavoro in materia fatto da Il trono di spade (da cui mutua anche Kit Harington), ma Bodrov fin da Mongol insegue un cinema che aspira ad avvincere senza riuscire mai a tramutare il suo sguardo particolare in sete di visione nello spettatore.
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