Questa sera va in onda “Noi e la Giulia” su Cine34, per la regia di Edoardo Leo con Luca Argentero, Edoardo Leo, Claudio Amendola, Anna Foglietta, Stefano Fresi. Ha vinto 2 Nastri d’Argento, Il film ha ottenuto 6 candidature e vinto 2 David di Donatello, ha vinto un premio ai Globi d’oro, Il film è stato premiato a Sabaudia, In Italia al Box Office Noi e la Giulia ha incassato 4 milioni di euro.
Diego è un venditore di auto senza più la capacità di costernarsi, Claudio l’ex gestore di una gastronomia che ha chiuso i battenti, Fausto un piazzista televisivo inseguito dai creditori. Li accomuna il sogno di cambiare vita e un identico piano B: aprire un agriturismo – la versione per quarantenni del chiringuito ai tropici. I tre uniscono le forze per completare l’acquisto dell’immobile giusto ma devono subito affrontare mille problemi pratici, da un bagno intasato ai camorristi locali che esigono il pizzo. Nella loro avventura verranno coinvolti anche Sergio, un veterocomunista fermo al ’68, ed Elisa, incinta e fuori di testa.
Basandosi sul romanzo “Giulia 1300 e altri miracoli” di Fabio Bartolomei, Edoardo Leo prosegue il suo percorso di regista-autore (oltre che di interprete) e soprattutto di cantore dei nostri tempi precari e disillusi. Chi un giorno vorrà ricordare quest’epoca dovrà confrontarsi con la sua filmografia, tanto dietro quanto davanti la cinepresa. Questa volta però il racconto è meno a fuoco di La mossa del pinguino e meno spassoso di Smetto quando voglio (per ricordare due dei film recenti che lo vedono coinvolto e il cui successo si intende bissare).
Noi e la Giulia fatica ad acquisire un suo ritmo comico, complice anche un cast che funziona individualmente ma non coralmente: Leo è centrato nel ruolo del coatto fascistone, Anna Foglietta efficace nei panni (insufficienti a coprire il pancione) della sbullonata di buon cuore e Luca Argentero recupera finalmente il suo accento torinese, che lo fa uscire dalla trappola della dizione asettica di tante sue interpretazioni precedenti. Ma viene a mancare, per chi guarda, il lavoro di squadra, quell’alchimia fatta di improvvisazioni e non sequitur che vanno da sempre ad arricchire il filone della commedia all’italiana, in particolare quella alla I soliti ignoti, in cui un gruppetto di sfigati unisce le forze per fare il colpo del secolo e invece si caccia nei guai.
La regia di Leo fa passi avanti, azzardando angolazioni di ripresa originali, giochi di sovrapposizioni e ralenti. Leo privilegia la macchina narrativa, mostrandone troppo scopertamente gli ingranaggi, alla scelta di momenti che da soli raccontano una storia.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.