Questa sera su Tv8 va in onda “American Assassin”, per la regia di Michael Cuesta con Dylan O’Brien, Michael Keaton, Sanaa Lathan, Shiva Negar, Taylor Kitsch, David Suchet. In Italia al Box Office American Assassin ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 1 milioni di euro e 535 mila euro nel primo weekend. Mitch Rapp ha 25 anni e una fidanzata di cui è innamoratissimo. Ma il giorno in cui le chiede di sposarla, la ragazza rimane vittima di un attacco terroristico da parte di un gruppo di fondamentalisti islamici. Da quel momento l’unica ragione di vita per Mitch diventa quella di vendicare la sua morte, e a questo scopo si allena quotidianamente, impara l’arabo e trova il modo di intrufolarsi in una cellula terroristica. Tutto questo zelo non passa inosservato: la CIA lo recluta per compiere missioni di alta pericolosità, dando così inizio alla sua carriera di superagente segreto. Ma Rapp, come verrà semplicemente chiamato da quel momento, ha bisogno di un mentore, e il migliore sulla piazza è Stan Hurley, veterano della Guerra Fredda. Stan non fa sconti a nessuno ed è abituato ad allevare killer professionisti per il bene degli Stati Uniti. È proprio questa l’angolazione più interessante di American Assassin, che suggerisce fin dal titolo come certi militari possano diventare “assassini di Stato” e sfuggire di mano a chi li ha addestrati con tanta solerzia. L’altro tema essenzialmente politico del film è la scarsa attitudine (e abilità) di certi quadri dirigenti a “tornare a prendere” i propri uomini rimasti sul campo di battaglia, perché nel calcolo molto pragmatico dei costi e dei rischi non conviene loro fare marcia indietro. Dunque il mantra di Hurley, che “niente deve diventare una questione personale”, diventa una comoda scusa per non assumersi la responsabilità dei mostri che ha contribuito a creare. Un bellissimo tema, narrativamente parlando, e anche coraggioso, in un’America che fatica a valutare le conseguenze delle proprie azioni in politica interna e internazionale, e che talvolta manda i propri figli allo sbaraglio senza preoccuparsi troppo di come riportarli a casa. È dai tempi di Rambo che il cinema d’azione yankee tratta questo argomento, anche se con risultati artistici più o meno riusciti.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.