Di Paola Aspri
Maurizio Casagrande in veste di artista poliedrico per “…E la musica mi gira intorno”. Questa volta il regista e attore che ha contribuito alla verve attoriale di Vincenzo Salemme in tanti film, prova la strada musicale per cimentarsi in qualcosa di inedito cui non eravamo abituati a vederlo. Il suo spettacolo, scritto insieme a Francesco Velonà, è un mix di emozioni musicali che tratteggiano il percorso esistenziale di Casagrande partendo dagli esordi infantili, quando ancora non era in grado di capire cosa avrebbe fatto da grande. Un debutto può creare a volte anche qualche piccolo impaccio e al grande Maurizio è capitato di farsi prendere dalla confusione del momento per poi riprendersi alla perfezione tra un aneddoto e l’altro, narrando i suoi primi turbamenti sentimentali, accompagnandoli a brani memorabili che rimangono fissi nella memoria. Si va zig zagando musicalmente, quasi un carosello napoletano che si adatta perfettamente alla dinamicità del protagonista, chiamato a interpellare se stesso e anche il suo duo di vocalist Mariateresa Amato e Roberta Andreozzi, puntuali nel ricordare musicalmente i momenti salienti, partendo dagli anni “50”, anni in cui i genitori di Maurizio Casagrande (tra cui il grande Antonio) si conobbero per arrivare agli anni “60” e al tormentone de “Viva la pappa col pomodoro” e alla Rita Pavone Yè- Yè. Poi il rockettaro Casagrande esplode con un mix di brani cari a quei tempi, artisti che hanno fatto grande la storia del rock internazionale, dai Deep Purple, a Led Zeppelin. Poi gli anni “80” dove a bordo di una “Uno Bianca”, Casagrande ha la sua passione più grande per una ragazza che non esita ad essere molto aperta con tutti, rischio del fatto di essere un batterista e di non attirare a quei tempi la ragazza romantica. Sulle note di “Andamento lento” l’artista napoletano ricorda gli attimi veraci passati con una fidanzata un po’ leggera. Poi arriva l’amore in chiave musical con Zucchero e con “Diavolo in me” esplode il ciclone partenopeo che inventa passi improbabili e situazioni machiettistiche, il tutto non dimenticando l’attore. Gli sketch, gli scoop esistenziali e storie che ci assomigliano vanno a braccetto con il brio della musica, ravvivato dalle incursioni di un tecnico “animale” che tenta di smontare a parole e con le azioni la rappresentazione in essere. Tra Casagrande e il bravo Peppe Fiore è uno spasso continuo, tra cadute di stile e strafalcioni del tecnico che tenta di mettere il becco dappertutto disturbando l’equilibrio del protagonista. Inutile dire che il poliedrico interprete muove con abilità una rappresentazione non di genere, squilibrata già dal primo quadro, ma nelle corde di un andamento partenopeo che porta a una improvvisazione voluta e ragionata. Da vedere. Al Teatro Golden fino al 17 aprile.
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