“Non lasciarmi mai sola”, primo romanzo di Marco Rettani, nato dall’idea dell’amica Patty Pravo

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Di Paola Aspri

L’arte per Marco Rettani è un qualcosa di fondamentale nella vita, riesce a coniugare la sua attività di imprenditore spaziando dall’arte, alla musica, alla scrittura. Vive e lavora in Svizzera e ha creato il Museo dei Sognatori nel 2013 che organizza mostre ed arte. Ha al suo attivo due album, il primo “Nel nome del padre” e l’ultimo appena uscito “Solo per le favole d’amore” che contiene un brano che sta diventato un cult tra gli intellettuali, grazie anche al video che l’accompagna da pochi giorni e che è interpretato dallo stesso Marco Rettani insieme ad una sua grande amica di sempre Ornella Muti, che ha prestato la sua immagine per raccontare in immagini, “Non lasciarmi mai sola”. “Non lasciarmi mai sola” non è solo un brano musicale, ma un romanzo di Marco Rettani, edito da Mondadori che è alla sua seconda ristampa, dopo solo una settimana di uscita, consigliato nel titolo dall’amica Patty Pravo che ha fatto una dedica in capo al libro. La frase è tratta da una canzone presentata al Festival di Sanremo dalla Pravo, “E io verrò un giorno là”. Patty Pravo non solo ha dato l’idea all’amico di sempre, ma ha collaborato al feature del brano, mettendo così la sua cifra interpretativa insieme a quella di una diva evergreen nel video come Francesca Rivelli. Marco Rettani si è così cimentato a livello di cantautore, interprete e scrittore. Il suo primo romanzo, è la storia di Luca che vive e lavora a Lugano come broker e che in poco tempo perde genitori e professione. Poi la telefonata di un notaio che lo informa su un’inaspettata eredità e l’incontro con Francesca, in viaggio verso Roma, verso vicende non chiamate, ma previste dal destino.

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Né Giulietta, né Romeo, opera prima di Veronica Pivetti

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Di Paola Aspri

Né Giulietta, né Romeo” è il primo film da regista di Veronica Pivetti, una storia familiare che coinvolge e si dipana nei conflitti adolescenziali di Rocco, un giovane sedicenne, figlio del nostro tempo,  che cerca attraverso le sue passioni per il suo idolo rock e le condivisioni con i suoi amici di sempre di capire da che parte sta andando. I dubbi e le incertezze che sconvolgono una certa sfera generazionale, sembrano poi appartenere anche alle identità della madre e del padre di Rocco, anche se entrambi (divorziati) hanno una professione e un background culturale elevato. Il padre psicanalista è un eterno peter pan che colleziona storie di breve respiro e la madre cerca di trovare il giusto equilibrio in tutto quello che fa, mettendosi in discussione come giornalista quando deve trattare temi all’indice per la società. L’omofobia, il giudizio lapidario contro chi desidera vivere la propria sessualità senza paletti è qui sviscerato in maniera semplice, senza virtuosismi intellettualistici, quasi fosse un film per la televisione. Probabilmente, Veronica Pivetti. con la lunga militanza nelle fiction si porta dietro quella spontaneità d’azione e immediatezza linguistica che fa parte del piccolo schermo, ma che in questo caso diventa un valore aggiunto per far circuitare il lungometraggio tra le varie età, mettendo tutti d’accordo. Bravissimi tutti, da Andrea Amato, a Carolina Pavone, una Maria spumeggiante con una vivacità espressiva e pittoresca che diventa il punto di riferimento del gruppo di amici ideale. Francesco De Miranda, nel ruolo di Mauri è il paffutello amico, generoso e ignaro dei turbamenti particolari dell’amico Rocco. Pia Engleberth nel ruolo della nonna Amalia è espressione di vitalità e di generosa esternazione di sé, una donna di estrema destra, amante di D’Annunzio e che sarà alla fine più vicina di chiunque altro alle variazioni sentimentali del nipote, entrando ed esponendosi in prima persona in un mondo per lei finora sconosciuto. Bravissima Veronica Pivetti che spadroneggia in un personaggio di mamma presente e ignara delle verità che si andranno a presentare all’improvviso. Corrado Invernizzi è perfetto nel ruolo un antipatico,  saccente e donnaiolo psichiatra.  Il film è in uscita il 19 novembre al cinema ed è stato presentato al Festival di Giffoni 2015 ed inoltre patrocinato e sostenuto da Amnesty International.

Come mai Veronica Pivetti diventa esordiente non più giovanissima?

È un percorso che meditavo da tempo. È vero che è complicato per una della mia età provare da regista e che mi porto dietro un bagaglio di esperienze che scatenerà critiche, ma mi piacciono le sfide e non ne ho paura. Inoltre mi sono concentrata e sono stata innamorata da subito di questo progetto. Sono una persona inquieta, anche se esteriormente appaio come sbarazzina e non mi potevo esimere dal provare qualcosa di diverso, ma sapevo di espormi e di fare un passo lungo e calibrato.

La storia narrata nel film non è generazionalmente distante dalla tua?

Assolutamente no, dentro il racconto filmico ci sono i traumi della mia adolescenza e mi piaceva raccontarlo in commedia perché è l’abito che vesto più volentieri. Questo è un film che spero piaccia ai ragazzi, ma che potrà piacere anche alla mia generazione. C’è molta intransigenza tra i ragazzi e andava evocato anche questo, cercando così di far vedere quanto sia dilagante l’omofobia nella nostra società.