Domenica 12 giugno Mediaset Extra dedica l’intera giornata allo storico programma “Non è la Rai”, ideato da Gianni Boncompagni e Irene Ghergo. Il programma compie 25 anni e dalle ore 10 di mattina di domenica prossima, ci sarà una maratona di 16 ore (con una puntata inedita del 1993 e l’ultima del 1995). Inoltre in seconda serata ci saranno due speciali con interviste alle protagoniste della trasmissione evento degli anni “90”. Il programma che ha accompagnato una generazione di ragazzi che appena rientrati a casa da scuola correvano ad incollarsi davanti alla tv per vedere le loro beniamine.
E ciliegina sulla torta l’uno contro tutti al “Maurizio Costanzo Show” del 1997 con Ambra Angiolini in prima linea al fuoco di domande degli spettatori.
La prima puntata è andata in onda il 9 settembre del 1991 dal Centro Palatino di Roma.
Al centro del varietà pomeridiano, andato in onda per quattro edizioni, prima su Canale 5 e, successivamente, su Italia 1, alcune giovanissime ragazze, si esibivano in giochi telefonici, balletti e canzoni. A cura di Gianni Boncompagni, tutte le scenografie e, soprattutto, la regia.
La prima stagione fu condotta da Enrica Bonaccorti, la seconda da Paolo Bonolis e le ultime due da Ambra Angiolini. “Non è la RAI” è stato il primo programma di intrattenimento quotidiano delle Reti Fininvest. Ha lanciato una serie di personaggi, oggi impegnati nel mondo del teatro, della musica, del cinema e della televisione. Molte hanno trovato lì il trampolino di lancio per il successo come: Claudia Gerini, Romina Mondello, Sabrina Impacciatore, Lucia Ocone, Nicole Grimaudo, Antonella Mosetti, Alessia Mancini, Alessia Merz, Miriana Trevisan, Laura Freddi, Pamela Petrarolo, Yvonne Sciò, Antonella Elia, Veronika Logan, Maria Monsè e la stessa Ambra Angiolini.
All dressed in long white robes and with stylized wings, the young girls from “Non √® la RAI” make an angelic choir, leaving some space for the hostess and leader of the broadcast, Ambra Angiolini on 1994 in Italy.
Uno spettacolo intenso dai colori forti come l’anima e le tele di uno dei piu grandi pittori del ‘900, Amedeo Modigliani, morto giovane e con una eredità intellettuale e fisica che pesa ancora oggi sulle nostre coscienze di uomo e di artista.
Lui aveva una sensibilità sopra ogni cosa, avulsa dalla realtà, il suo era un sogno continuo che è andato oltre la morte. Il regista e ideatore dello spettacolo, in scena in questi giorni al Teatro Quirino, Angelo Longoni, ha reso omaggio alla figura più rappresentativa del panorama internazionale, lo ha reso umano e generoso, incoerente e frastornato dal suo male interiore, non però un pittore maledetto, ma un uomo che ha vissuto intensamente le emozioni e le sue donne, pietra miliare del suo percorso figurativo. Malato da sempre di tubercolosi, Modigliani era approdato a Parigi come un giovane e attraente Boèhemien, mantenendosi all’inizio con i soldi dei genitori e poi provando a diventare quello che voleva, contro il consumismo artistico che imponeva il background culturale di quegli anni con Picasso in testa, suo nemico da sempre. Longoni ha ceduto a Marco Bocci, star televisiva, ma che proviene dal teatro, il ruolo del bello e del tormentato Modì e Bocci ha esternato con passione una recitazione dinamica, intensa, a volte un po’ troppo impetuosa da sembrare istintiva e naturale, ma nell’insieme ha diretto bene sé stesso nei meandri dell’anima di Modì. L’autore e regista ha costruito intorno al protagonista una tela di donne che sono state gli amori infiniti e unici di Modigliani, dalla prima donna, la prostituta e modella Kiki de Montparnasse, estroversa, autentica, un ciclone di vitalità che ha saputo regalare al pittore un momento di spensieratezza artistica, per arrivare alla poetessa russa Anna Achmatova, donna colta che aveva saputo prevedere il futuro di Modì mostrandoglielo come su un suo dipinto con i colori e le forme crepuscolari delle sue donne, alla giornalista Beatrice Hastings, sua spina nel fianco, amore passionale e distruttivo, ma molto fisico e per finire la giovanissima Jeanne Hébuterne, un amore che vive oltre la morte, la donna che all’indomani della morte di Amedeo, straziata, si butta dalla finestra del quinto piano, uccidendo con sé anche la creatura che portava in grembo. Uno spettacolo intenso che Longoni ha reso diverso dai soliti, mettendo la raffinatezza e la forma dell’arte sopra ogni cosa, dal primo quadro, costruendo intorno agli attori come una cornice scenica e facendo apparire i personaggi come degli elementi figurativi di una tela del pittore. Su una tenda di frange che preannuncia il palco, dove gli attori si muovono, vengono proiettate immagini dell’epoca e sfondi di una Parigi con la neve, oltre che i quadri più rappresentativi di Modì, creando un percorso parallelo al racconto scenico e alle parole degli attori che si incastrano alla perfezione con la parete di frange che rende il senso del movimento della vita e del cuore dell’artista. Bravissime le attrici tutte in sintonia con la loro diversità caratteriale e di ruolo, da Giulia Carpaneto un’attrice che con il suo personaggio porta il brio dell’esistenza parigina dell’epoca, a Vera Dragone, in parte nel carattere della poetessa russa innamorata del suo pittore e compenetrata nel suo ruolo di moglie, fino alla nervosa e scattante Romina Mondello, perfetta nel rappresentare l’ambiguità e la sensualità forte della cronista, per concludere con Claudia Potenza una donna vissuta all’ombra di Modì, innamorata da sempre del suo artista, con una generosità d’animo che la porta ad annullarsi e ad entrare nel sogno infranto del suo uomo. Le musiche sono di Ryuichi Sakamoto. Da vedere. Si replica fino al 20 marzo.
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